Una storia scritta in cielo:
 le costellazioni di Andromeda, Cefeo, Cassiopea e
PERSEO, IL FIGLIO DELLA PIOGGIA D'ORO

Acrisio, nonno di Perseo e re di Argo, temeva per le sorti del proprio regno perché, avendo avuto dalla moglie Aganippe una sola figlia femmina, Danae, in assenza di eredi maschi non sapeva a chi avrebbe trasmesso il titolo di sovrano. Spinto dal desiderio di conoscere il destino della sua città, chiese all'oracolo come avrebbe potuto avere figli. Il dio gli rispose che sua figlia Danae avrebbe avuto un figlio che lo avrebbe ucciso. Preso dal più grande sconforto e anche dal terrore, rinchiuse la figlia in una torre ben fortificata, con porte di bronzo guardate da cani ferocissimi.

Egli pensò che in questo modo non avrebbe avuto più nulla da temere, ma si sbagliava; il suo destino era già stato stabilito dagli dèi. Infatti, nonostante queste precauzioni, Danae concepì un figlio. Si racconta che il seduttore fu lo stesso Zeus, il quale, trasformato in pioggia d'oro, penetrò attraverso una fessura del tetto e ottenne l'amore della ragazza.

L’idea che la nascita di un personaggio speciale abbia origini miracolose ha radici profonde nell’inconscio collettivo dell’umanità. Ammirando il dipinto a lato non possiamo fare a meno di notare la luce dorata che avvolge Maria. La presenza numinosa dell’arcangelo può addirittura essere paragonata alla custode della verginità di Danae. Spero non sembri offensivo il paragone: il mito di Perseo non è da sottovalutare! Perseo è un eroe di grande calibro; come vedremo affronta numerose e simboliche prove iniziatiche. Rappresenta la parte eroica in ognuno di noi; che le sue origini siano così antiche e che molti personaggi della sua epopea abbiano avuto l’onore di dare il nome a una costellazione deve far riflettere. L’oro rappresenta la luce, il sole, il divino. Perseo è figlio di un Zeus, un dio; anzi il Dio per eccellenza del pantheon greco; come non pensare profetico il suo mito! Il piccolo Gesù nasce da madre vergine (‘Turris eburnea’, recita una litania. E Danae è rinchiusa in una torre.), rischia la vita già da neonato ed è costretto a fuggire.

C’è un’altra storia che narra di una fanciulla rinchiusa in una torre per salvaguardare la sua verginità: è la fiaba di Raperonzolo. Nel suo caso non è la luce dorata a permettere alla vita di penetrare, ma l’oro dei suoi lunghi capelli, collegamento tra lei e l’Amato, tra cielo e terra. Interessante notare come in questo caso non è il divino che scende ma il terreno che sale. Dall’unione non nasce un maschio eroico, ma una coppia di gemelli: un maschio e una femmina. Anche lor costretti all’esilio, insieme solo dopo anni di dolori e vicissitudini costituiranno il Rebis, la doppia sacra coppia

Danae, rinchiusa nella prigione con la propria nutrice, poté avere il figlio di nascosto e allevarlo per vari mesi. Un giorno tuttavia il bambino, giocando, emise un grido, e Acrisio lo udì. Danae insisteva nel dire che il padre del bambino non era un mortale, ma Acrisio non le credette e, terrorizzato dalla rivelazione dell'oracolo, cominciò con l'uccidere la nutrice, e fece chiudere Danae e il figlioletto in una cassa di legno che mise su una nave lasciata alla deriva. La cassa navigò così, a caso, con la madre e il bambino e fu gettata sulla riva dell'isola di Serifo. L'imbarcazione fu fermata da un pescatore. Danae e Perseo ancora miracolosamente vivi. Il pescatore li aiutò a riprendere le forze e li condusse al cospetto del re che, preso da pietà per i due naufraghi, offrì loro ospitalità.

Passarono gli anni e Perseo, circondato dall'amore della madre, cresceva forte e valoroso divenendo ben presto un giovane bellissimo e fortissimo. Danae, che la maturità aveva reso ancora più bella, era oggetto dei desideri del re Polidette che cercava in tutti i modi di convincerla a sposarlo; ma ella, il cui unico pensiero era il figlio Perseo, non ricambiava il suo amore. Allora Polidette pensò di eliminare Perseo. Espresse pertanto l'estroso desiderio di avere come dono di nozze la testa di Medusa, una delle tre Gorgoni. Ecco la grande prova a cui l’eroe deve essere sottoposto: un’impresa talmente ardua da sembrare impossibile. Esattamente come quella alla quale l’eroe interiore di ognuno di noi è sottoposto: STACCARE LA TESTA A MEDUSA EQUIVALE A TOGLIERE POTERE ALLA MENTE. Qui intendiamo la mente come entità estraniata dal nostro centro divino: la famosa ‘MENTE CHE MENTE’, la ladra di energia vitale che pensa al nostro posto costringendoci non a ‘PENSARE’, come sarebbe nostra eredità divina in quanto collegati con la sublime MENTE UNIVERSALE, ma ad ‘ESSERE PENSATI’, ad usare perciò non il PENSIERO COSCIENTE, ma quello RIFLESSO! Per poter raggiungere Medusa, Perseo doveva procurarsi tre cose: dei sandali alati per spostarsi a gran velocità, una sacca magica (la kibisis) per riporvi la testa recisa e l'elmo di Ade (kunè) che rende invisibili. Intanto Atena gli aveva fornito uno scudo lucido come uno specchio, raccomandando all'eroe di guardare Medusa solo di riflesso. Ermes gli regalò un falcetto di diamante affilatissimo, col quale l'eroe avrebbe decapitato il mostro. Quegli oggetti erano custoditi dalle ninfe dello Stige che abitavano in un luogo noto solo alle Graie: nate già decrepite e grinzose, esse erano in tre, ma disponevano di un solo occhio e di un solo dente che usavano a turno, e abitavano in un palazzo custodito da Atlante. Gli dei sono potenzialità che abitano dentro di noi; i loro attributi possono essere nostri. Le ricchezze immortali in noi (qui rappresentate da Ade, Ermes, Athena) possono essere attivate e trasformarsi in doni ma l’eroe deve comunque conquistare quegli oggetti magici, deve andarli a prendere, deve cioè entrare in contatto con loro… Dove? In un luogo oscuro, misterioso, nella profondità della propria anima, nei recessi dell’inconscio. Le ninfe che custodiscono i doni da ‘riconquistare’ sono creature del fiume Stige, uno dei cinque fiumi infernali. Il suo nome greco era Styx; etimologicamente vuol dire ‘fiume dell’odio’; aveva nove meandri che insieme formavano la famigerata palude stigia. Solo le Graie (cioè grigie, quindi anziane) conoscevano il luogo in cui i doni erano nascosti. Chi sono le Graie? Cosa rappresentano nella nostra struttura psichica? Erano geni della morte, nate già vecchie, portatrici quindi dell’ineluttabilità del processo di vita incarnata, che deve necessariamente concludersi quasi sempre con la vecchiaia, sempre con la morte! Che avessero un solo occhio (la possibilità di vedere) e un solo dente (quella di ‘incidere’) nel processo vitale avvalora il concetto che la sorte finale è una, la stessa per tutti. ‘La guerresca’, ‘la terribile’, ‘la vespa’ sono i nomi delle tre Graie. Leggiamo un brano della Bibbia: “La morte è stata ingoiata per la vittoria. Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?” (1Cor 15,54-57). Il pungiglione evoca l’dea di uno strumento sottile ma letale, e il terrore che provoca la morte, l’ingenua guerra che cerchiamo di farle, tutte e tre queste cose ci riportano ai nomi delle Graie. Ancora nella Bibbia leggiamo: “Io sono il Primo e l’ Ultimo e il Vivente. Io ero morto ma ora vivo per sempre e ho potere sopra alla morte e sopra agli inferi” (Ap 1,17-18)… Siamo forse chiamati a sconfiggere la morte? Sembra utopico, ma è reale. Siamo esattamente chiamati a sconfiggere il sonno profondo in cui siamo immersi. Avere potere sulla morte e sugli inferi vuol dire CONQUISTARE IL PENSIERO VIVENTE, SCONFIGGERE I PENSIERI MORTI CHE CI CONDIZIONANO.

Allorché Perseo le raggiunse, attese il momento dello scambio di questi due vitali strumenti e li rubò entrambi. Così le Graie, prive dei loro organi, si trovarono in grande difficoltà e accettarono lo scambio loro proposto da Perseo: avrebbe restituito il maltolto se esse gli avessero indicato dove risiedevano le ninfe Stigie. Perseo, che ha avuto il coraggio di avvicinarsi ALL’OLTRE (le Graie abitano nell’estremo occidente, dove il sole muore e inizia il buio, con lui la paura della morte…), ha il diritto di impossessarsi di quell’occhio che, unico per le tre entità, tanto evoca l’ormai noto TERZO OCCHIO. L’occhio unico nell’induismo rappresenta il superamento della dualità maschile-femminile, destra-sinistra, sole-luna. L’occhio singolo (o ‘semplice’ come ormai viene tradotto) è citato anche nel Vangelo: “Se il tuo occhio è semplice tutto il tuo corpo sarà nella luce” (Luca 11 33,35). Perseo ha anche diritto al dente in quanto potere di fare, incidere, nutrirsi e assimilare.

Dopo essersi rifiutato di rendere l'occhio e il dente alle Graie, e quando le Ninfe consegnarono i sandali, la sacca e l'elmo, Perseo si diresse verso il paese degli Iperborei, una popolazione che abitava nelle regioni fredde e spoglie del Nord. Quel luogo sembrava dominato dalla più grande desolazione e dalla più profonda tristezza: la terra, le erbe, il cielo e la natura in generale avevano un colore grigio e sinistro. La foresta nella quale si incamminò per giungere presso Medusa era pietrificata e cosparsa di strane statue color piombo rappresentanti uomini e donne in diversi atteggiamenti. Perseo si accorse subito che quelle non erano statue, ma esseri che avevano avuto la sventura di guardare il volto di Medusa.

Il pensiero riflesso è morto e dà la morte. La mente, se non è governata dal PENSIERO COSCIENTE, dalla PRESENZA MENTALE, pietrifica! Il pensiero riflesso annienta la forza vitale che potenzialmente possediamo, se ne nutre, riducendoci a statue senza vita. Analizziamo la parola: PENSIERO RIFLESSO. Cosa vogliamo essere: un centro vitale che emana luce o un oggetto che la riceve? Un sole o un satellite? Lasciare che una certa entità che chiamiamo mente proietti su di noi le sue sozzure, i suoi pregiudizi disordinati, la sua pochezza confusa equivale alla morte; questa è vera morte, non quella fisica. Perché Medusa non pietrifichi il suo essere, Perseo usa uno specchio: omeopaticamente (l’omeopatia cura il simile con il simile) fa ‘riflettere’ il pensiero riflesso, non lo assorbe, non lo fa riflettere su di sé ma sullo specchio che la sua GUIDA INTERIORE, Athena nel racconto, gli ha fornito. Prende le distanze dalla routine di pensieri inutili, li osserva, non ci si identifica come di solito avviene. Accendendo la luce della CONSAPEVOLEZZA taglia di netto la testa, cioè l’origine dei mali di cui soffriamo. Non è la nostra testa che produce questo stato ipnotico in cui crediamo di essere un qualcuno sfortunato, destinato a soffrire…è la testa di Medusa! E va prima guardata con distanza, senza identificarci poi, una volta capito il male che ci procura, fare la scelta decisa di ROMPERE L’INVOLUCRO INGANNEVOLE e lasciar libero il vero dono che la vita ci riserba: tolta la testa piena di serpenti (i pensieri che ci recano tanto dolore) esce Pegaso da quel collo mutilato. Il CAVALLO ALATO era lì, nascosto, andava liberato. E’ lui il PENSIERO VIVENTE, è lui la possibilità immensa per cui potremmo dire alle montagne di spostarsi, credendo davvero a chi ci ha promesso che niente ci sarà impossibile e che avremmo fatto cose anche più grandi di Lui.

Resosi invisibile grazie all'elmo di Ade, avanzò camminando all'indietro, guardando nello scudo sorretto da Atena; quando fu abbastanza vicino al mostro da sentirne sibilare i serpenti che gli si agitavano sul capo, lo decapitò col falcetto mentre dormiva. Dal collo mutilato della Medusa scaturirono un cavallo alato, Pegaso e un gigante, Crisaore. Perseo sollevò la pesante testa e la depose su un telo, in segno di pietà affinché la nuda terra non la insozzasse, e con quel telo l'avvolse. Poi si alzò in volo con i suoi sandali alati per allontanarsi il più in fretta che poteva da quel luogo sinistro. Perseo raccolse pure il sangue colato di Medusa, che aveva proprietà magiche: quello che era colato dalla vena sinistra era un veleno mortale, mentre quello colato dalla vena destra era un rimedio capace di resuscitare i morti. Inoltre, un solo ricciolo dei suoi capelli, mostrato a un esercito assalitore, aveva il potere di sconfiggerlo. Mentre volteggiava sul territorio della Filistia, vide incatenata a uno scoglio una fanciulla, nuda e bellissima: Andromeda, figlia del re di Etiopia Cefeo e di Cassiopea. Era condannata a essere divorata da un mostro marino perché sua madre, orgogliosa dell'avvenenza di sua figlia, aveva affermato che superava in bellezza tutte le Nereidi: le ninfe del mare si erano offese e Poseidone, oltre ad avere mandato sulle coste una forte mareggiata che aveva spazzato via l'abitato, aveva inviato un orribile mostro che faceva stragi e terrorizzava gli abitanti: l'integerrimo Cefeo, per salvare il suo popolo, consultato l'oracolo, fu costretto a offrirgli la propria figlia per placarne l'ira. E quando Perseo giunse, Andromeda era ormai rassegnata alla sua terribile sorte. Perseo si offrì di liberare la fanciulla e il luogo da quella calamità purché il re gli consentisse di sposare Andromeda.Perseo, ingannando il mostro marino che doveva divorare Andromeda con dei giochi d'ombra sull'acqua, riuscì ad ucciderlo e riportò la giovane dai genitori.

L’epilogo di questa prima parte delle avventure di Perseo utilizza un simbolo noto in tutti i luoghi, sia nei racconti eroici che nelle fiabe: la LIBERAZIONE DELLA PRINCIPESSA. Chi è questa principessa se non l’ANIMA, la parte psichica di sé incatenata al mondo materiale? Nel mito possiamo scorgere due aspetti dell’anima: Cassiopea rappresenta l’aspetto psicologico identificato con l’egoità; la regina madre infatti è superba, ha bisogno di riconoscimenti, persa nella sua vanità, nell’esteriorità. Quando l’EGO raggiunge tali proporzioni, al punto di entrare in competizione con le essenze divine, nell’inconscio avviene una reazione uguale e contraria: il male divora se stesso, quando arriva all’estremo si autopunisce ma, nel farlo, chi viene sacrificata è la parte più preziosa della nostra anima. Più l’individuo ingigantisce il proprio ego maggiore sarà il dolore che ne scaturirà: nessuno può raggiungere la gioia se segue gli impulsi egoici: la soddisfazione di un minuto condanna la parte più autentica del proprio essere a restare intrappolata nella roccia, l’ANIMA sacra è legata con catene e non può agire se l’ EROE vittorioso, usando il PENSIERO PURO (Pegaso), non si oppone al mostro (l’EGO stesso di ognuno, coltivato e nutrito fino ad arrivare a proporzioni gigantesche) che vorrebbe divorarla. Chi ha agitato il mare è stato il nostro inconscio stesso (Poseidone)! In noi agiscono forze preziose (gli DEI mitologici) che tentano in ogni modo di reindirizzarci, anche attraverso prove e punizioni, verso la meta sacra della REINTEGRAZIONE. Perseo ed Andromeda possono celebrare le nozze sacre: lo SPIRITO può ABITARE NEL CUORE EROICO di chi usa il PENSIERO CONSAPEVOLE; arriva così a congiungersi con L’ANIMA portando a livelli più alti di evoluzione l’umano che abbia voluto cimentarsi in questa avventura: l’unica VIA per il pieno raggiungimento del SE’ SUPERIORE. Questa è la storia raccontata e scritta da un misterioso MAESTRO CELESTE che l’ha posta lassù, sulle nostre teste, perché di notte, guardando le stelle, potessimo leggerla. PF

MEDITAZIONE CON I COLORI
Danae nella torre. Con i pastelli a cera evochiamo l’immagine di Danae. La torre la presentiamo a strati colorati, nelle tinte dello spettro solare, usando gli acquerelli.
Medusa - Rappresentazione libera del volto o dello sguardo che pietrifica, utilizzando gessi colorati.
Andromeda incatenata – Turchese e smeraldo per evocare le onde; viola ed arancio per rappresentare la roccia. Colori ad acquerello.

MEDITAZIONE CON L’ARGILLA
Costruisco un vaso cilindrico con la tecnica del colombino (e/o con l’utilizzo della trafila). I rotoli sovrapposti evocheranno le spire del dragone. In seguito userò colombini sottili per decorare creando forme che rappresentino o simbolizzino il mito raccontato.

DUE SCULTURE D’AUTORE per gentile concessione del Maestro Salvo Maria Fortuna:  MEDUSA, ANDROMEDA.

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