Il Cinghiale di Erimanto
    ...salire sul  'monte innevato' 
    per  dominare la propria materia...
  
  
    La terza Fatica imposta ad Eracle fu quella di  catturare vivo il cinghiale Erimanzio. Un' enorme e feroce belva che infestava  le pendici del monte Erimanto.
    Eracle, durante il viaggio verso il monte fece  una tappa presso il Centauro Folo (la  strada è sempre piena di incontri che distraggono e di  ostacoli che si frappongono al raggiungimento dello scopo) che offrì ad Eracle carni arrostiste, ma non osò  aprire la giara di vino che  apparteneva a tutti i Centauri finchè Eracle non gli ricordò che  Dioniso l'aveva lasciata nella grotta per essere aperta in quella occasione ('dimenticarono'... però che Dioniso aveva anche chiesto di aprirla solo  quando tutti i centauri fossero stati presenti!).
    
    Il  forte profumo del vino fece perdere la ragione ai Centauri che, armati di  grossi massi, torce e trincetti, si precipitarono nella grotta di Folo.  Terrorizzato, Folo, cercò di scappare, mentre  Eracle, preso dalla sua solita furia affrontò gli  assalitori , uccise parecchi Centauri,  acuni si rifugiarono presso Chirone, il loro re, maestro e guaritore. Una  freccia scoccata dall'arco di Eracle (ancora  non lucido, col ventre pieno e vittima dei fumi dell 'alcol) si conficcò nel ginocchio di  Chirone. Eracle allora si accorse di  aver ferito proprio il suo antico Maestro, che amava molto... angosciato,  si accovacciò accanto al vecchio amico ed estrasse la freccia,  mentre Chirone stesso gli porgeva i farmaci per medicare la ferita.
    
    I  medicamenti non valsero a molto contro il veleno  dell'Idra con cui erano imbevute le frecce (aver acquisito un potere deve rendere più accorti, altrimenti il male che si può procurare sarà maggiore...), quindi Chirone, non potendo morire perché  immortale, si ritirò  soffrendo  nella sua grotta. 
    Eracle, tornato  in sè, riprese la caccia al cinghiale. Lo inseguì sulla montagna, lo spinse in un fossato dove  la neve era alta e gli balzò  sulla schiena. Legatolo con catene (gli istinti inferiori vanno controllati!), lo sollevò in alto (interessante  il simbolismo del cadere e risollevarsi: la stessa cosa era appena capitata  all'eroe, caduto nelle tentazioni materiali ma poi risvegliato dal dolore dei  misfatti accidentalmente commessi) se lo caricò sulle spalle e partì alla  volta di Micene, lo portò da Euristeo che,  spaventato, corse a nascondersi in una botte di bronzo.
    
    In questa prova l'eroe è alle prese con gli istinti più materiali: L'incontro con i  centauri, creature ancora animalesche (Folo mangia carne cruda), facilmente  preda degli istinti più bassi (anche se non  mancano centauri di alto livello, portatori di una saggezza antica: Chirone ha  facoltà di guaritore) è per Eracle fonte di  grande distrazione dallo scopo che  si era prefisso e, allo stesso tempo, perfettamente emblematico delle  imperfezioni che deve superare: avidità, gola, ira; tra i vizi capitali quelli più legati alla materialità! 
    Catturare il cinghiale vivo vuol dire controllare il proprio corpo fisico,  non permettergli di farla da padrone, ma senza ucciderlo, rispettando la sua vita. Eracle deve allontanarsi dal calore dell'ira, dai fumi dell'alcool, dalla  pigrizia e dall'indugiare. Se vuole il cinghiale deve inoltrarsi verso la vetta  del monte, nel freddo della ragione;  deve condurre la materialità in luoghi dove non si  possa esprimere in modo incontrollato: la neve impedisce all'animale di  muoversi liberamente, le catene lo tengono sotto controllo...ma è vivo. Ora Eracle, vissuta la solitudine del monte e della caccia  a se stesso può tornare alla città, dagli altri, alla vita di tutti i giorni.
    
    Ha come aspetto la  solarità di una pelle di leone, nella faretra frecce intinte  in veleno mortale, tra le braccia un cinghiale feroce, ma incatenato. Non c'è da sorprendersi se Euristeo si impaurisce nel vederlo  arrivare...L'ego-Euristeo ha terrore di  un Sè che comincia a prendere il controllo.
    
    Per spaziare, pur senza approfondire , la simbologia  del cinghiale/maiale ecco alcune notizie. 
    Nelle civiltà antiche il cinghiale rappresenta il punto di massima discesa nella materia:  nei Veda si parla di un avatar-cinghiale che scese sulla terra per risollevarla  dalle regioni basse dell'universo in cui stava cadendo. 
    Presso i Celti i druidi erano chiamati cinghiali e i capi orsi. La loro religiosità era strettamente  collegata alla natura: essere un  druido voleva dire conoscere i segreti della terra. 
    La mitologia irlandese parla del Cinghiale Bianco (è una bestia purificata,  trasformata! Ricordiamo l'albedo,  l'opera al bianco degli alchimisti. Il corpo fisico è preziosissimo e può assurgere ad alti  livelli, di arte, di spiritualità, di sacralità, se non viene contaminato da energie basse). Il Cinghiale Bianco è medico, musico e messaggero; ispirò  Marvan,  il porcaro del re Guaire del  Connaught, a scrivere musica e poesia. Come non ricordare il buon porcaro Eumeo  dell'Odissea, che teneva in ordine i recinti dei maiali? Come non sperare con  Battiato che torni presto l'era del Cinghiale Bianco, in cui le forze della natura, purificate da un  corretto uso della mente potranno ispirare e nutrire?Il cinghiale appare  come simbolo di audacia, forza, ma anche di sfrenatezza. Controllare il cinghiale vuol dire purificarsi.  Nel matriarcato il maiale era l'animale  preferito e sacro alle grandi divinità materne Iside,  Demetra, Persefone, con la rivoluzione patriarcale esso diventa simbolo del  male. Sant'Antonio ne porta uno con sè, quasi nuovo Eracle  che, domando gli istinti, si è purificato. Nella  tradizione cristiana il cinghiale rappresenta il demonio, sia che lo si  avvicini al maiale, avido e lubrico, sia che se ne consideri l'impetuosità -  assimilabile alla foga delle passioni - sia che si ricordi il suo passaggio  devastatore nei campi coltivati.
    
    Eracle, sollevando il cinghiale risolleva se stesso e la pesantezza della materia;  scendendo dal monte per tornare a Micene si fa paladino dello scopo di portare al mondo la notizia che il  cambiamento è possibile...all'ego-Euristeo, che ha il terrore del cambiamento, non resta che nascondersi per  tessere, non visto, nuove trappole. 
  MEDITAZIONE CON I  COLORI
    Ho  davanti a me la verticalità del foglio. Con gli azzurri inizio a dipingere  forme che evochino il freddo, il ghiaccio, i cristalli di gelo. Lascio spazio,  sopra, ad un tenue rosa che rappresenti la mia umanità consapevole, che  addolcisce il freddo ed è da esso ispirata.
    
    Patrizia Favorini